Data: 26-03-2011
Luogo: Pietrasanta, Sala delle Conferenze della Croce Verde
Relatore: Bianca Maria Cecchini
La sera di domenica 29 luglio 1900, a Monza, Gaetano Bresci uccise il re d’Italia Umberto I di Savoia sparandogli contro tre o quattro (le fonti storiche non concordano) colpi di pistola. La leggenda vuole che Gaetano Bresci cercò di allontanarsi come se niente fosse, per poi lasciarsi ammanettare da un carabiniere senza opporre resistenza. A una donna del popolo che gli gridava "Hai ucciso Umberto, hai ucciso Umberto", rispose senza scomporsi: "Non ho ucciso Umberto. Ho ucciso un re". L’epilogo della storia è piuttosto scontato: un processo irregolare, la condanna all’ergastolo, il suicidio in cella e i medici, chiamati a constatare il decesso, che annotano sul referto "lo strano odore di putrefazione emanato dal cadavere, come se fosse morto da alcuni giorni". Proprio qualche giorno prima, in effetti, era giunto al carcere di Santo Stefano l’ispettore di polizia Alessandro Doria, lo stesso che quattro anni prima aveva svolto le indagini su Pietro Acciarito, autore del fallito attentato contro Umberto I. Anche in quel frangente c’era stato un suicidio sospetto. Romeo Frezzi, arrestato per colpa di una foto di Acciarito trovata in casa sua, si era tolto la vita sbattendo la testa contro il muro, nel carcere romano di San Michele. In quella foto, Acciarito mostrava tutti i tratti fisici dell’anarchico pazzo e delinquente, catalogati proprio in quegli anni da Cesare Lombroso. Il celebre criminologo, però, dovendo esprimersi sul gesto di Gaetano Bresci, dichiarò che i caratteri atavici e la follia non c’entravano nulla: "La causa impellente – scrisse – sta nelle gravissime condizioni politiche del nostro paese". Come Oberdan,Bresci aveva agito in nome di una "causa" impersonale per liberare la società dal re oppressore? Idealista giustiziere, assassino solitario o mano armata di una vendetta ordita dai Borboni o, peggio, da un complotto internazionale che legava l’America alla Sicilia? E ancora, suicida per disperazione o vittima di una punizione esemplare? Quelle tre o quattro pallottole erano state sparate da Bresci contro il re per, dice la versione ufficiale, vendicare la strage di due anni prima voluta dal generale Bava Beccaris a Milano o vi aveva avuto un ruolo Maria Sofia di Borbone che perse il Regno di Napoli per colpa degli odiati Savoia? Fu lei ad armare la mano di Bresci? Oppure: una mente che tesseva una ragnatela tra la Sicilia e New York e che aveva interessi molto in alto, fino nelle stanze del potere americano, riuscì ad avvicinare e infervorare il giovane toscano, armando la sua mano? E ancora il mistero dell’ingente polizza assicurativa sulla vita di Umberto I, stipulata con i Lloyd’s di Londra, che i suoi eredi incassarono solo cinquant’anni dopo la sua morte, nonostante le traversie e i bisogni economici della famiglia Savoia. Insomma, furono le contraddizioni o l’immaturità di un’Italia unita, principiata solo quarant’anni prima ad uccidere Umberto per mano del Bresci, o furono piuttosto gli interessi di vecchi sovrani o di nuovi aspiranti che tentarono di uccidere la monarchia per sostituirla con la Repubblica. Secondo i fan club di Emanuele Filiberto e di Casa Savoia, le condizioni dell’Italia non sarebbero affatto migliorate grazie alla Repubblica. Un giudizio frettoloso, che non ha tenuto conto di un dettaglio importante: cent’anni fa per sbarazzarsi di un despota bisognava sparare. Oggi, fino a prova contraria, sarebbe sufficiente non votarlo.
Istituto Storico Lucchese – Sez. “Versilia Storica”
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