La “Via Crucis” ed il Monte Calvario di Basati, raro esempio di “sacralizzazione” del territorio da conoscere e rivalutare

Data: 12-03-2005
Luogo: Querceta, Sala dei Convegni della “Croce Bianca”

Relatore: Giulio Salvatori

Il 10 giugno 1901, l’ arcivescovo di Pisa concede la facoltà al parroco di Sant Ansano in Basati, di far erigere una "Via Crucis" sulmonte Casino nella periferia della parrocchia, colle annesse indulgenze; evento che si realizza il 23 successivo con la benedizione pubblica e solenne delle Croci. Dopo oltre un secolo, le quattordici stazioni sono ancora lì a scandire il sentiero che conduce al monte che oggi viene chiamato "Calvario": sono piccole stele a forma quadrangolare con una croce di ferro in sommità; su ognuna di esse una lapide in marmo bianco narra un episodio della Passione ed un’ altra, talora presente, indica il nome del benefattore che provvide alle relative spese. Il sentiero inizia in località "lo Stradone", proprio sopra il Camposanto: per un breve tratto è ripido ma abbastanza agibile e largo; a tratti però, privo di "bastirovesci", ha perso la massicciata; in località "la Tagliata" resiste alle intemperie e agli anni il vecchio "seccatoio di Salomone" con la piccola finestrella e le "bucalette"; più sù, la "casetta dell’ Orietta", con la stalla a piano terra e sopra il fienile, recava sulla facciata, fino a pochi anni fa, una lapide con l’ immagine di un santo (forse del patrono sant’ Ansano), con la finestrella di respiro fatta a piramide. Lungo il percorso, in salita e fra selve di castagni, ogni tanto affiorano pareti di bosso ("bussilo"), che ingentilivano le abitazioni e delimitavano il confine fra i "loghi", davanti alle "marginette". Dopo un breve tratto pianeggiante, l’ ultimo guizzo e si raggiunge la "casa di Abele" con fortunose persistenze, quali la greppia nella stalla, il caminetto nella cucina, il forno per il pane e la cisterna per conservare le preziose acque piovane. Arrivati in cima al colle, una marginetta di sasso morto con il tetto coperto a piastre - "ricostruita da Taddeo Giannaccini nell’ anno 1880" - conserva un bassorilievo della Madonna del Rosario, mentre è di conforto al credente l’ assicurazione che "recitando un Salve Regina, l’ Arcivescovo Pietro Maffi concesse 50 giorni di indulgenza". Fuori di essa, le mirabili visioni delle Apuane, della vallata del Vezza, dei paeselli incastonati sui loro pendiii e pianori, del mare, delle coste e delle isole è gradito premio al viandante. Questo percorso è unico nel suo genere in tutta la Versilia e, in Italia, è raro esempio di "sacralizzazione" del territorio; fu "via della fede" per i nostri padri, perché, oltre la sommità, consentiva di raggiungere la pieve della Cappella, chiesa madre della montagna seravezzina. Un primo restauro fu effettuato a cinquant’ anni dalla sua benedizione ("Adele Musetti vedova di Raffaello Bartelletti, 1951" ed altre lapidi lo attestano); poi, solo pochi altri privati interventi per scongiurarne la rovina. L’autore della conferenza si prefigge dunque lo scopo di farlo conoscere e di reclamare un concreto intervento da parte degli enti preposti, per la sua rivalutazione e conservazione.


 

 

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