Maria pellegrina nella Diocesi, di comunità in comunità, di chiesa in chiesa, madre affettuosa e partecipe che visita la casa dei suoi figli e delle sue figlie, una per una, secondo un calendario che non trascura nessuno; mamma che sosta e condivide, in un colloquio intimo e profondo, gioie , preoccupazioni, vittorie e sconfitte, progetti ed interrogativi; mamma che ascolta, risponde, accompagna, sostiene ed intercede.
Il suo peregrinare richiama il senso di ogni pellegrinaggio cristiano, cammino di liberazione dalla schiavitù della morte verso la terra promessa, liberazione totale e totalizzante dell'Amore.
Maria stessa, ricevuto l'annuncio della nascita del Salvatore, “messasi in viaggio, si recò in fretta verso la regione montana, in una città di Giuda” per visitare la cugina Elisabetta. L'angelo le aveva dato notizia che anche Elisabetta attendeva un figlio. Maria si ferma tre mesi presso Elisabetta, poi torna a casa. Pellegrinaggio, il suo, nel segno della carità e della solidarietà per la cugina incinta nonostante l'età avanzata, ma anche nel segno della condivisione di un disegno più grande: Elisabetta era stata ritenuta sterile e a maggior ragione non avrebbe potuto concepire nella vecchiaia, Maria sapeva di attendere un figlio senza aver conosciuto uomo, il Figlio di Dio.
Maria si mette in cammino per condividere e comprendere e torna a casa sicuramente più forte.
Il pellegrinaggio ha come meta un luogo santo ( nelle carte di archivio il Piastraio è spesso chiamato “Il Santo”) dove sostare per fare chiarezza dentro di noi, dove deporre il fardello delle preoccupazioni, per cercare conforto, chiedere grazie, da dove ripartire consapevoli e consolati.
Il pellegrinaggio è anche metafora dell'esistenza umana: si precisa nel punto di partenza ed in quello di arrivo, diviene nella distanza.
Nello spazio che distende fra partenza ed arrivo, fra nascita e morte, spazio del provvisorio e dell'imprevedibile, si dipana l'avventura della vita nella libertà di orientarsi verso la salvezza o farsi “folle volo”. Il riferimento all' Ulisse di Dante, la sua orgogliosa sfida al divieto divino che paga con la morte eterna, è metafora della perdizione di chi non si affida ed abbandona in Dio, ed è invito a farlo attraverso Maria.
Il labirinto, forte simbolo cristiano, rappresenta le difficoltà nel trovare la via della salvezza nel meandro delle prove e degli errori a cui ogni esistenza è soggetta. Maria è la mano da stringere per districarsi nell'intrico, per ritrovare la strada di casa, per convertire il viaggio dal buio alla luce.
La Madonna di Sotto gli Organi, come ogni madre in visita alla prole, non ha un luogo sacro specifico da raggiungere; ogni comunità parrocchiale è santuario e meta, ogni sosta è punto di arrivo. In questo rosario circolare nella geografia diocesana, Maria parte e ritorna nella Cattedrale di Pisa, nella casa più grande che tutte le riassume, di cui festeggeremo a breve il Giubileo.
Maria è una, ma il ventaglio di bisogni per cui a Lei si ricorre è ampio; il culto si declina di conseguenza in molte devozioni, in dettagliata risposta a vocazioni, richieste, protezioni, voti, specifiche necessità.
Il paese di Stazzema da' testimonianza di questa affermazione perché la predilezione per Maria fa sì che il culto si articoli in tre devozioni: a Levante la Madonna delle Nevi, a mezzogiorno Maria Assunta in cielo, a ponente la Madonna del Bell'Amore.
Ne' il culto mariano si limita a Stazzema soltanto: nella vicaria si esprime, oltre che in numerose marginette sui sentieri, a Cardoso nelle dedicazione della Chiesa a Santa Maria Assunta, a Volegno in quella a Santa Maria delle Grazie, negli oratori di Farnocchia e di Pomezzana - dedicati rispettivamente alla Madonna del Carmine, il cui culto si ritrova anche nella Chiesa di Terrinca e delle Grazie - nella dedicazione alla Madonna della Visitazione a Levigliani, nelle compagnie della Madonna dei Dolori attive a Stazzema, a Farnocchia, a Cardoso, nella compagnia della Cintola che, in questa pieve, rimanda al capolavoro in parete a lato dell'altar maggiore dove Pietro Da Talata ha dipinto, in una trionfale mandorla, la Madonna in gloria colta nel gesto di consegnare la cintura ad un incredulo San Tommaso.
Dedichiamo adesso la nostra attenzione all'immagine pellegrina della madonna di Sotto gli Organi e ripercorriamone brevemente la storia.
Come accade con gli ospiti accolti nella nostra casa, o già li conosciamo o vogliamo conoscerli, e nel farlo raccontiamo anche la nostra storia. Un'accoglienza ospitale si distingue in questo da un soggiorno in albergo.
Da ospiti accoglienti e partecipi ci avviciniamo dunque a conoscere la venerazione della Madonna di Sotto gli Organi, patrona di Pisa, che ha origini antichissime. L'icona risale al XIII secolo, è dipinta a tempera ed oro su essenza di pioppo centinata a fondo d'oro, è stata oggetto di alvuni restauri. Sono stati individuati come come possibili autori Berlinghiero o uno sconosciuto pittore bizantino.
La prima solenne attestazione rimanda al 23 novembre 1494 , data della liberazione della città dalla dominazione fiorentina ad opera di Carlo VIII, re di Francia. La tradizione vuole che l'approdo dell'immagine a Pisa si ricolleghi ad uno dei tanti episodi di ostilità fra Pisa e Lucca. I Lucchesi si accanivano contro la famiglia pisana dei Caetani, padrona di sette Castelli in quel di Camaiore. Nella presa di uno di questi, quello di Montecastrese a Lombrici, i soldati Pisani in fuga portarono nel 1225 in salvo dall'incendio la venerata immagine della Madonna con bambino, poi collocata in Duomo. Un'altra versione vuole il quadro proveniente da Luni, trafugato da una fanciulla all'arrivo dei saraceni; la giovane, rifugiatasi in una torre e scambiati poi i pisani in arrivo per sarceni, si gettò di sotto restando illesa al pari dell'immagine che, per sua iniziativa, fu portata a Pisa.
Non è tuttavia esclusa una provenienza dall'Oriente, forse da Cipro, che trova nella dimensione di Pisa, città marinara, una giustificata validazione.
Lunga sarebbe la cronaca dei fatti miracolosi e delle contingenze che hanno visto protagonista la Madonna di Sotto gli Organi. Nel 1595 , in occasione del rovinoso incendio del Duomo, la notte fra il 24 ed il 25 ottobre, l'icona fu salvata dalle fiamme, ed è in questa data che la si festeggia a Pisa, invocando nella preghiera la sua “immagine scampata dalla devastazione del fuoco”.
Nel 1630 venne organizzata una processione per la pestilenza, con la popolazione che non partecipò, per motivi di sicurezza, al corteo ma lo seguì dalle finestre. Più prudenti i pisani dei milanesi che nello stesso anno, come si legge nel capitolo XXXII de ”I Promessi Sposi”, avevano sfilato in massa per le vie della città, portando in processione il cadavere di San Carlo Borromeo, per ottenere grazia, conseguendo invece l'effetto di far dilagare ulteriormente il contagio.
Non si può non ricordare che nel 1789 il Granduca Pietro Leopoldo, entusiasta patrono delle riforme religiose patrocinate dal Vescovo Scipione de' Ricci ( rifoma dei seminari, abolizione del culto del Sacro Cuore e delle reliquie, introduzione di preghiere in volgare ), volle che, al pari di tutte le immagini sacre, anche la Madonna di Sotto gli Organi restasse scoperta. Il che accadde dal 13 dicembre 1789 all'11 giugno 1790. Ai pisani la decisione del Granduca dispiacque non poco: la percepirono infatti come una profanazione ed una dissacrazione.
Fino alla data dell'iniziativa Granducale l'icona veniva esposta e portata in processione avvolta in sette mantelline ma non scoperta. Che fosse lasciata spoglia ed in vista non era proprio gradito.
Fra i vari titoli con cui fu venerata: “Nostra Signora delle Grazie” per l'abbondanza dei favori celesti, “La Madonna delle Sette Colonne” per il luogo dove era collocata; vi è anche quello di “l'Incognita” che indicava appunto la gelosa cura con cui la si preservava dallo sguardo umano. Inimmaginabile sarebbe stato al tempo che la sacra immagine peregrinasse nel territorio diocesano.
Gli scoprimenti, decisi dalle adunanze capitolari, erano rarissimi.
Si ricorda infine la solenne incoronazione avvenuta il 15 agosto 1847, ad un anno esatto di distanza dallo scampato pericolo del terremoto che lasciò illesa Pisa. Nel 1912 il Cardinal Pietro Maffi ricollocò nuovi diademi a seguito di un furto sacrilego che indignò moltissimo la città.
Nel 1949 l'Arcivescovo Ugo Camozzo, allo scopo di “per preparare gli animi dei fedeli alla celebrazione dell'Anno Santo 1950”, stabilì un itinerario della pellegrinatio della Madonna di Sotto gli Organi che ebbe inizio il 19 marzo, festa di San Giuseppe, per concludersi il 25 settembre. Il trono con la sacra immagine fu portato di chiesa in chiesa ed anche negli ospedali, nelle fabbriche, negli stabilimenti; nelle parrocchie più grandi si sarebbe fermato tre giorni, nelle più piccole uno. Nel passaggio da un luogo all'altro, i parroci avrebbero dovuto sottoscrivere un atto di consegna e di riconsegna dell'icona.
Presso la foce delle Porchette, a circa 980 m.s.l.m., una lapide, murata nella roccia, ricorda che sessantotto anni fa la Madonna pisana fu portata in pellegrinaggio nel territorio di Stazzema.
Grazie al lavoro di ripulitura del 2012 ad opera di Adone Beluffi e Stefano Grassi, vi si legge :
”Il 9 agosto1949 alle ore 21 su questo scosceso sentiero la popolazione del Cardoso, accorsa dalla valle, ricevette in consegna dal popolo di Bucino-Palagnana la venerata immagine pellegrina della Madonna di Sotto gli Organi di Pisa.
Firmarono il verbale di consegna: don Emilio Barsottini ed i testimoni Giulio Battelli e Alcide Pieruccioni. A perenne ricordo dell'eccezionale cerimonia Giulio Battelli Q.M.P.
La Vergine Santa benedica coloro che soffermandosi reciteranno una ave maria.”
E' commovente immaginare il fiume di fedeli che si snoda sulla mulattiera iluminandola con i ceri, suggestivo evocare i canti, le preghiere, seguire con lo sguardo vigile il trono che traballa sulle spalle dei uomini, intuire i pensieri, ancora gravidi del dolore della guerra, dell'eccidio, dei lutti, ed avvertire tuttavia la speranza nei cuori, il grande dono della fede che mai si arrende.
Alla vigilia dell'Anno Santo l'icona compì dunque un lungo percorso, reso alborioso dalla viabilità del tempo: fu più vicina alle popolazioni diocesane, si ruppe l'isolamento.
Il 18 gennaio 1974, l' Arcivescovo Benvenuto Matteucci decise che l'immagine rimanesse esposta al pubblico e dal 9 giugno 1986 scoperta sempre. I tempi sono cambiati e cambiato è il modo di “sentire”.
La devozione che si trascina emotivamente, in una distante sacralità, ai piedi della Madonna per impetrare grazie quando più nulla può l'umana forza, ha lasciato il passo al credente che, coscientemente, permea con la devozione a Maria la sua vita, giorno per giorno, passo per passo, in un ininterrotto rapporto di scelte e promesse.
Da un paragone spontaneo fra la prestigiosa immagine che ospitiamo e la Nostra Madonna del Piastraio, emerge come la devozione alla Madonna del Bell'Amore nacque e si sviluppò fin da subito nel segno dell'accompagnamento quotidiano, nella condivisione della fatica, nella vigilanza del lavoro, nella serenità e nella forza che dall'immagine affrescata in un tabernacolo prima, custodita nel santuario poi, sprigionava.
La Madonna, incorniciata dal suggestivo scenario naturale, mostrava il figlio con le braccia aperte all'abbraccio a chi le rivolgeva un saluto segnandosi; colloquiava con quanti si fermavano per una più lunga preghiera, consolava coloro che sfogavano in pianto i loro affanni, gioiva del conseguimento di un traguardo: una nascita, un amore, una guarigione, un ritorno.
L'immagine della Madonna del Piastraio ha conosciuto dunque un processo inverso all'icona della Madonna di Sotto gli Organi: mentre quest'ultima si è liberata dai veli e dallo scrigno che la custodiva ed oggi si mostra peregrina, la Madonnina del Piastraio da una vicinanza quasi di gomito, en plain aire, è salita al sommo di un altare nel chiuso di una chiesa nel bosco voluta e tenacemente realizzata due secoli fa da un parroco, don Costantino Apolloni, e da un popolo.
Cavatori, contadini, boscaioli e viandanti, donne di passaggio accompagnate da bambini avevano stabilito con la venerata immagine un rapporto di intenso colloquio quotidiano, trovando in lei la mamma buona che da' sollievo alla stanchezza, asciuga la fronte, condivide il fardello, ascolta, comprende, benedice. Non meraviglia che gli stazzemesi abbiano voluto costruire per lei una dimora. Ancor più necessaria per accogliere degnamente le migliaia di pellegrini che nei mesi di maggio e di settembre accorrevano da tutta la Versilia per un corale tributo di devozione e di amore. Ne giunsero fino a cinquemila nella quarta domenica del settembre 1895, in ordinate schiere scese dalla montagna e salite dal fondovalle, per una grande festa condivisa.
Che il santuario fosse frequentatissimo lo attestano anche i decreti del 1833 e 1834 del Vescovo Ranieri Alliata e del canonico Pietro Del Mesta: l'apertura da maggio a settembre correva dalle cinque di mattina con l'obbligo della chiusura entro la mezzanotte; negli altri mesi erano garantiti il sabato e la domenica e, in ogni caso, la chiesa andava aperta ogni qualvolta se ne facesse espressa richiesta.
Nel 1833, rinnovate sette anni dopo, vengono accordate le indulgenze da Papa Gregorio XVI.
Non mancano i miracoli come quello, nel 1935, della guarigione di Vincenzo Moriconi, calzolaio di Casoli, accompagnato a piedi dalla famiglia fino al Santuario, passando da San Rocchino. La tubercolosi polmonare scompare, il Moriconi torna al lavoro e muore di altra malattia molti anni dopo.
Una decina di anni prima, a più riprese, erano stati salvati alcuni cavatori: Neri Francesco della cava Attuoni, Tacchelli Dante e Luisi Severino intrappolati nel crollo di una galleria.
L'olio della lampada che ardeva davanti al quadro del Tommasi cominciò ben presto ad essere ritenuto miracoloso.
Il quadro, dipinto nel 1772 da Guglielmo, figlio del pittore stazzemese Tommaso Tommasi ed autore anche dei numerosi ex voto che attestano le grazie ricevute, ha una bella storia.
Lo volle e commissionò, in sostituzione dell'immagine dipinta sul muro e deperita, Bartolomea Bertocchi, la premurosa vedova ottantenne che custodiva la marginetta attigua alla sua modesta abitazione, luogo del primo culto.
Il quadro dalla cappelletta fu trasferito nel santuario dove, sopra la porta della sagrestia, è in vista anche l'affresco di cui prese il posto.
Gli ex voto che lo circondano raccontano di un'umanità sofferente e gioiosa che intende dare testimonianza delle grazie ricevute: le tavolette colorate provenienti dalla bottega del Tommasi raccontano di scampati al pericolo, di ammalati, di religiosi; in decine e decine di esse sono raffigurati occhi e gambe, altre propongono bimbi stretti in fasce su cui i genitori invocano la protezione di Maria.
Nel dipinto di Guglielmo Tommasi, la Vergine- Madre, vestita di rosso e ricoperta da un manto azzurro , ( la Madonna di Pisa, opposta in questo alle modalità toscane ed in linea con quelle bizantine ha i colori delle vesti scambiati ) è seduta sulla sinistra del quadro rispetto a chi la guarda, ( mentre la Madonna di Sotto gli Organi è rappresentata seduta dal lato destro del quadro ), e sostiene con il braccio destro il Bambino con il braccio destro ( identica in questo alla Madonna di Sotto gli Organi ), un Gesù dormiente, dietro il quale si alza un Ostensorio con l'ostia raggiante.
A sinistra si vedono i due Evangelisti, voci narranti della nascita e dell'infanzia di Gesù: san Matteo e san Luca, accompagnati dalle simboliche figure dell'angelo e del bue.
Il modo in cui Maria sorregge il Bambino anticipa il modo in cui ne terrà fra le braccia il corpo dopo la morte in croce. L'ostia evidenzia il sacrificio. Lo sguardo dolcemente intenso di Maria
induce a fare nostro il mistero della nascita, morte, resurrezione di Nostro Signore.
La Madonna di Sotto gli Organi è raffigurata secondo l'iconografia dell' Hodigritia: di Colei che indica la via, il retto cammino ( il nome deriva dal monastero delle “guide”, Hodigoi, a Costantinopoli, dove si conserva la raffigurazione della Madonna ritenuta opera dell' Evangelista Luca ). L'immagine si attiene anche al modello della Dexiocratusa, poiché Maria sorregge il Bambino col braccio destro, in deroga dall'iconografia della Hodigritia che vuole Gesù sorretto con il braccio sinistro. Ed il bambino ha poco di un bambino: è rappresentato infatti come un adulto dalla fronte alta solcata da una ruga, segno di sapienza; indossa la veste dei personaggi di alto rango ed una tunica trasparente che allude all'incarnazione; sorregge un libro aperto che reca scritto in greco il passo del Vangelo di Giovanni: “Io sono la luce del mondo. Chi segue Me non brancolerà nelle tenebre ma godrà della luce della vita”. Il libro aperto è un richiamo al Pantocratore: la connotazione soteriologica è ribadita dalla benedizione col mignolo alzato. L'intento è di sottolineare la regalità del Cristo e di diffondere un messaggio di salvezza con il richiamo alla luce.
Quanto alla Madonna, il suo sguardo è malinconico, addolorato per la morte del figlio, la mano sottolinea il ruolo di intercessione per la sorte dei peccatori, da cui discende la sua vocazione di avvocata dell'umanità, ed allude contemporaneamente all'intimità con il Figlio.
Due opere d'arte sacra che rimandano a vicende storiche e religiose diverse : la città prestigiosa e popolata accoglie e modella il culto secondo parametri complessi, diversi da quelli di una periferia, dove più dirette ed immediate sono le relazioni e meno pressante il ruolo del potere.
Ma, al di là dell'analisi sociologica, sul piano della fede si staglia un'identica verità: il bisogno di stabilire con la Madre celeste un profondo rapporto di fiducia. A Maria ci si arrende, a Maria si racconta, nell'intenso andirivieni dei quartieri cittadini come nel silenzio della montagna rotto dal fragore della pietra spaccata.
La storia di Maria è la nostra storia, in un contrappunto di esperienza, la Sua, che accompagna la nostra e la nostra, di esperienza, che trova nella sua la forza per il guado di dolori e sofferenze, il sorriso per il bello ed il buono che a nessuno è negato. La via che Maria Hodigritia indica è quella di un amore che non è meschino, non è possessivo, non coincide con la passione, non è interessato, non è egoistico ne' parziale. Un amore che è disponibilità all'accoglienza, presenza vigile rispettosa partecipe, un amore che resiste alla lontananza, che supera il disfacimento della carne e della bellezza, che accompagna fino alla croce, un amore che è anche gioia e scoperta, dolcezza e pienezza. Se il pellegrinaggio è metafora della vita, Maria è la compagna di viaggio che tutto ha già vissuto e superato, la compagna che non impone ma suggerisce, indirizza ma non spaura, intercede senza remore e condizioni. Maria Immacolata, perchè esente dal peccato di orgoglio e di supponenza, non ingenua, ma limpida. Maria Assunta in cielo, risorta come il Figlio immolatosi per amor nostro, perchè comprendessimo che oltre questa vita una vita più vera ci attende, dove si sciolgono i nodi, si tolgono le maschere e depongono le armature, dove l'unico copione è l'abbandono all'amore.
Il bambino che nella prima antica immagine la Madonna del Bell'Amore sostiene in grembo ha le braccia aperte, pronte all'abbraccio. I bambini le tengono così quando vogliono essere presi in collo, quando accolgono festosi chi a loro si avvicina, quando intendono stabilire un contatto. E' facile intuire quanto sollievo l'immmagine abbia dato a chi passando la osservava sfatto dalla stanchezza, angustiato dai problemi, incerto sul domani, è facile intuire la commovente identificazione del proprio bambino, presente o desiderato, con la creatura, ornata di corallo, ben dritta sulla ginocchia di Maria che è un tutt'uno con lui, come ogni mamma quando alleva una creatura. Gruppo maestoso e tenero, la testa di lei ravvicinata a quella di lui, e lei lo mostra decisa per dire al mondo che quello è il destino a cui è stata chiamata e che quel bambino è sì suo, ma anche nostro.
La maternità come negazione dell'egoismo, la maternità come dono agli altri, la maternità che non risponde a bisogni narcisistici ma si fa mezzo di possibilità e di salvezza per tutti.
Un destino, quello di Maria, preparato nel tempo. Maria è una prescelta. Non predestinata tuttavia, perchè libera di acconsentire o di rifutare.
Se ricostruiamo gli eventi che ne precedettero la nascita, attingendo dai vangeli apocrifi, la sua vicenda si colloca fin da prima in un contesto di elezione. I primi testi che incontriamo offrono una incantevole, delicata e naturale presentazione della famiglia di Maria. I testi apocrifi sono, fondamentalmente, testi religiosi e come tali vanno letti ed interpretati. In essi troviamo fusi insieme - in un connubio inestricabilmente felice - fede, storia, miti, tradizioni popolari; sono come arazzi nei quali la tela, rappresenta la storia, che si scorge con una certa difficoltà, mentre il disegno del filo multicolore, percepibile con immediatezza, rimanda alla fede dei primi cristiani, espressa in forme e modi non accolti in toto dai vangeli canonici.
Nella ricerca di una connessione fra Maria e Gesù non meraviglia che si affermi che anche la nascita della Madonna rientri in un grande disegno. Nel vangelo arabo apocrifo di Giovanni, IV, 1 si legge:” Il Signore elesse Maria.. lei, certo, era passata dai lombi dei padri puri fino a che nacque da suo padre e da sua madre, ambedue giusti..”
Ed è nel segno della grandezza del disegno divino che il Dogma dell'Immacolata Concezione vuole Maria sine labe originali concepta, tota pulchra. E' dogma di fede: Maria nasce, unica e prescelta, senza l'ombra del peccato originale.
Papa Pio IX promulga il dogma l'8 dicembre 1854 e la solennità dell'Immacolata si inserisce appunto, l'8 dicembre, nel contesto dell'Avvento e del Natale, congiungendo l'attesa messianica ed il ritorno glorioso del Cristo con la memoria della Madre del Signore. Maria, pur essendo stata concepita così come vengono concepite tutte le persone umane, non è mai stata toccata dal peccato originale fin dal suo concepimento. La Vergine Maria non solo avrebbe dovuto concepire il Verbo incarnato e portare con sé, nel suo grembo, il Dio fattosi uomo, ma avrebbe dovuto dare al Verbo incarnato la natura umana, realizzazione dell'unione ipostatica. Maria intonsa dal peccato è pronta ad accogliere, nella purezza della sua carne e della sua anima, il grande mistero dell'incarnazione. Maria è la nuova Eva, Maria, senza peccato come originariamente era Eva, è la prova che si poteva non peccare ( come poi ha fatto Eva ). La prima Eva è caduta nell'errore, la nuova è rimasta fedele a Dio. E' la garanzia che la libertà delle creature umane è reale. Dio ha fatto l'uomo libero con una reale possibilità di non peccare ( come invece è avvenuto nel peccato originale ).
Il peccato originale non è stata una realtà ineluttabile, in un certo qual modo voluta necessariamente da Dio per la Redenzione. L'incarnazione avrebbe potuto essere anche in una prospettiva non redentiva, ma come evento straordinariamente speciale per l'umanità.
Maria è sciolta dalla catena del peccato originale in considerazione dei meriti del Figlio, questo privilegio non la toglie dalla necessità della redenzione, ma la mostra come prima e singolare fruitrice di essa, e sarà il Figlio da lei nato a dare la stessa liberazione a tutto il genere umano.
In definitiva l'Immacolata Concezione è il manifesto della gratuità dell'amore di Dio che santifica la sua creatura al di là dell'evento del peccato.
La nascita di Maria, protagonista di un disegno tanto grande da abbracciare l'umanità intera, non affonda soltanto nella notte dei tempi, come abbiamo già visto nel passo del vangelo apocrifo di Giovanni, ma si puntualizza anche nella storia dei suoi genitori. Sempre nei vangeli apocrifi, nel Papiro di Bodmer, per la precisione, leggiamo l'imbarazzo che Gioacchino prova quando Rubel, il primogenito di Giacobbe, lo avverte che non potrà presentare per primo le offerte al tempio perché non ha avuto discendenza. Gioacchino, ferito, si ritira per quaranta giorni nel deserto, digiuna e prega: “Non discenderò ne' per mangiare ne' per bere, fino a quando il signore mio Dio mi visiterà. La mia preghiera sarà cibo e bevanda”. La moglie Anna si duole del gesto del marito, per la cui vita teme e si dispera della sua sterilità, non sentendosi assimilata alla fertilità del creato ma, anzi, esclusa. Un angelo le appare per annunciarle che il Signore ha ascoltato la sua supplica: “Concepirai e genererai e si parlerà della tua discendenza in tutta l'ecumene “ . Anna partorisce e commenta la nascita di Maria: “ L'anima mia ha esaltato questo giorno” .
Maria viene cresciuta con grande attenzione; a tre anni è portata al tempio dove è curata come una colomba e nutrita dalla mano di un angelo; a dodici anni i sacerdoti le cercano uno sposo fra i vedovi invocando un segno del Signore Dio per comprendere chi sarà il prescelto. Dal bastone di Giuseppe si alza una colomba che si appollaia sulla sua testa. Giuseppe prende con sé la fanciulla non senza timore. I vangeli apocrifi descrivono con ricchezza di particolari lo stupore di Giuseppe alla scoperta della maternità di Maria: egli medita il ripudio mentre i Sacerdoti rimproverano a Maria il tradimento.
Il sacerdote Anna, dopo aver interrogato anche Giuseppe, sottopone ambedue alla prova dell'acqua del Signore. Maria e Giuseppe tornano illesi dal deserto. Sono ambedue innocenti. Nessuno ha mancato, la risposta va cercata altrove.
Maria è dunque speciale e prescelta, fin dalle generazioni che l'hanno preceduta, ed è pertanto un dono per la sua famiglia e per l'umanità.
Ne rende piena testimonianza nell'accoglienza di un annuncio stravolgente. Le parole dell'Angelo che le appare a Nazareth nella casa di Giuseppe dove si trova come vergine sposa (sposata giuridicamente, in attesa di perfezionare l'atto, promessa sposa, dunque ) indicano ed aprono la strada ad un destino potente: “Ecco, tu concepirai nel grembo e darai alla luce un figlio. Lo chiamerai Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo, il Signore gli darà il trono di Davide , suo padre e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno e il suo regno non avrà mai fine.” Maria risponde all'Angelo:” Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?” E l'Angelo:”Lo Spirito Santo scenderà sopra di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra , perciò quello che nascerà sarà chiamato santo, Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia e lei, che era ritenuta sterile, è già al sesto mese; nessuna cosa infatti è impossibile a Dio”.
Disse allora Maria: “ Ecco la serva del Signore, si faccia di me come hai detto tu “ E l'angelo si allontanò da lei. Le parole del vangelo di Luca sono ferme e limpide.
La risposta è semplice e contemporaneamente profonda: semplice nella sua struttura morfologica e nella scelta lessicale; Maria non argomenta, non sottilizza, non contratta; profonda e complessa nella sostanza perché suggella un patto ed un destino che si preannuncia insolito, addirittura incomprensibile.
La giovanissima fanciulla accetta incondizionatamente un cammino che non è sbagliato definire “di quelli che fan battere i polsi al solo pensarlo”; un destino che può aprire la via all'emarginazione, alla solitudine, alla perdizione, tutta la sua esistenza è in gioco, i progetti vanno rifatti.
Non è soltanto l'essere stata la prescelta a determinarla nella risposta affermativa: è la vita che già in lei si annuncia palpitante a renderla docile creatura che asseconda un grande disegno, che è poi il disegno di ogni maternità, di ogni nuova vita che si affaccia, e non va buttata, non va calcolizzata, ridotta ad evento fattibile o meno, indicizzata con elementi per ristretti orizzonti di opportunità e successi.
A Matteo di riferire la reazione di Giuseppe: “La nascita di Gesù avvenne in questo modo: sua madre Maria si era fidanzata con Giuseppe; ma da prima che iniziassero a vivere insieme, si trovò che lei aveva concepito per opera dello Spirito Santo. Il suo sposo Giuseppe, che era giusto e non voleva esporla al pubblico ludibrio, decise di rimandarla in segreto. Ora, quando aveva già preso una tale risoluzione, ecco che un angelo del Signore gli apparve in sogno per dirgli: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito santo. Darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù; egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati.”
Tutto ciò è accaduto affinché si adempisse quanto fu annunciato dal Signore per mezzo del profeta che dice: ”Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio che sarà chiamato Emmanuele” che significa: con noi è Dio.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con se' la sua sposa; ma non si accostò a lei, fino alla nascita del figlio che chiamò Gesù.
A pochi giorni di distanza dall'Annunciazione, Maria si mette in viaggio verso la regione montana e raggiunge la casa di Zaccaria, dove vive la cugina Elisabetta. Appena udito il saluto di Maria, il bambino, per la gioia, balza in seno ad Elisabetta che benedice la giovane parente chiamandola: “la madre del mio Signore”. Maria compie già la sua missione di mediatrice di grazia, Elisabetta viene ricolmata di Spirito Santo e riconosce in lei la madre del Signore.
Il bambino che nascerà da Elisabetta, sei mesi prima di Gesù, sarà il suo compagno prediletto e il ministro del suo Battesimo.
Maria risponde, nel contesto della Visitazione, alle parole di Elisabetta con il Magnificat: “ L'anima mia magnifica il Signore/ e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore/ perchè ha considerato l'umiltà della sua serva./D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.”
Maria prosegue esaltando la fedeltà di Dio alle sue promesse: Dio si serve, come sempre, degli umili e dei poveri per raggiungere i suoi fini. Maria si sente e proclama parte di quella schiera dei poveri di Dio che egli si compiace di difendere ed esaltare. Maria si ferma tre mesi da Elisabetta, due donne, una fanciulla ed una più che adulta, che condividono un'attesa imprevedibile, due madri a confronto, una bellissimo esempio di solidarietà femminile.
La nascita di Gesù avviene, per la concomitanza del censimento, in una stalla, “Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto all'albergo” ( Luca 2,5 ). Figlio dunque di esuli in cerca di un tetto, di poveri che non hanno credito, ed infatti le porte degli alberghi non si aprono per loro.
Le difficoltà materiali nulla tolgono al miracolo dell'evento che viene accolto con gioia: gli angeli cantano il Gloria, i pastori si incamminano per raggiungere Betlemme e far visita al Bambino; un contesto di festosa rivelazione, un luminoso esempio di come si debba accogliere ogni nascita, ogni vita che si affaccia alla luce del mondo.
La visita dei Magi, che scatena l'ira di Erode, è invece epifanica, rivelazione del grande dono che si cela sotto l'apparente trama di un'umile vicenda. A quaranta giorni dalla nascita Gesù è presentato al Tempio di Gerusalemme per essere offerto a Dio; Maria contemporaneamente viene purificata. Simeone e la profetessa Anna riconoscono in Gesù l'atteso Messia; Simeone saluta con un cantico “ Nunc dimittis” il bambino che sarebbe stato luce per le nazioni e, rivolto a Maria, le preannuncia una grande sofferenza: ”Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele, e come segno di contraddizione; e anche a te una spada trafiggerà l'anima perché siano svelati i pensieri di molti cuori”.
L'evangelista Matteo narra la vita di Gesù parlando anche di Giuseppe, diversamente da Luca che si interessa soltanto alla madre.
Giuseppe ha un ruolo fondamentale nel progetto di salvezza e Maria riconosce in lui lo sposo ed il padre. Nel momento della fuga da Erode è nel buio della notte che Giuseppe decide di partire, dopo aver ricevuto in sogno l'annuncio dell'Angelo. In quel gesto si ribadisce un ruolo, si configurano i rapporti della famiglia, la Sacra Famiglia in fuga, afflitta e preoccupata al pari dell'umanità profuga nella storia attuale.
Simeone predice a Maria lacrime ed affanni: la Madonna dei dolori ha sette spade conficcate nel petto. A cominciare dal momento in cui i genitori perdono le tracce di Gesù al tempio, fino alla croce e al sepolcro, Maria compie un viaggio di consapevolezza della grandezza del disegno di cui fa parte, e il miracolo di Cana ne è un momento importante e lei ne è protagonista. Il viaggio di Maria è un viaggio che alterna le gioie a molto dolore, al pari d quello di ciascuno di noi.
Gesù che predica, che si sposta in compagnia degli apostoli per diffondere il verbo, che difende bambini e prostitute, che resuscita i morti, che viene acclamato dalla folla, la stessa che una manciata di giorni dopo gli preferisce Barabba; Gesù tradito dal compagno, venduto per trenta denari, condannato, torturato, crocifisso per morire di morte lenta, il suo cadavere tolto dalla croce, lavato, carezzato, composto e deposto nel buio del sepolcro.
Maria è madre che accoglie accudisce attende consola condivide il martirio e l'agonia. Maria non si sottrae, esempio di amore e coraggio che aiuta noi a non delegare, a far finta di non sapere e vedere, a svicolare e tentare scappatoie.
Maria aderisce totalmente alla vita del figlio, non in simbiosi, ma in un'aderenza che è partecipazione rispettosa, ascolto di un disegno che partecipa del Suo ma non è “il suo”.
Maria modello di maternità e compagna di viaggio nella maternità che è al femminile, sempre.
Maria che vive la gioia più grande di una resurrezione che non è per lei soltanto ma che lei, madre, accoglie con indicibile gioia; Maria che si fa testimone con gli apostoli della diffusione del Verbo.
Maria che viene assunta in cielo, resuscitata come Gesù da Dio per la vita eterna; anticipazione della resurrezione della carne, che per tutte le creature avverrà soltanto alla fine dei tempi con l'Universale Giudizio.
Il dogma dell'Assunzione promulgato da Papa Pio XII il 1 novembre 1950, richiama il dogma dell'Immacolata: per essere stata la madre di Dio Maria era stata preservata dal peccato originale e risuscitata per la vita eterna. “ Infatti - scrive San Germano nel VII secolo d.C. - come un figlio cerca e desidera la propria madre, e la madre ama vivere con il proprio figlio, così fu giusto che anche tu, che possedevi un cuore colmo di amore materno verso il figlio tuo e Dio, ritornassi a lui, e fu anche del tutto conveniente che a sua volta Dio, il quale nei tuoi riguardi aveva quel sentimento d'amore che si prova per una madre, ti rendesse partecipe della sua comunanza di vita con se stesso”
Maria è complessa semplicità: complessa per la difficoltà di comprendere fino in fondo il disegno di cui è protagonista, che è mistero di fede, semplice, perché il suo sì è immediato ed incondizionato, frutto spontaneo di una conoscenza di se' e piena accettazione della sua vocazione, passo passo, mai reticente nel pellegrinaggio della sua vita.
Maria si ascolta, Maria si dona, Maria al servizio degli altri, come fece nella sua visita ad Elisabetta, Maria che condivide con Giuseppe, le pie donne, Giovanni e gli apostoli il non facile cammino a fianco di un Figlio che è Dio, figlio e Padre, creato e creatore.
Un cammino che richiede molta fede e tanto coraggio, che fa dell'amore materno messo a tanta prova il paradigma assoluto dell'amore, in risposta ed adesione all'amore di tanto Figlio che lo spende e dimostra sì per lei e per Giuseppe, per i compagni, ma va ben oltre, supera l'orizzonte umano fino ad abbracciare tutta l'umanità in cammino nei tempi, oltre il tempo, per l'eternità.
Per delineare, concludendo, l' immagine, senza nulla dimenticare, leggiamo i versi della preghiera che Dante, nel XXXIII canto del Paradiso, l'ultimo della Divina Commedia, fa recitare a San Bernardo da Chiaravalle.
Il saluto alla Madonna inizia con una triplice coppia di attributi, resi in forma di ossimori, di volta in volta antitetici e contraddittori secondo un criterio naturale, ma tutti ugualmente veri sul piano soprannaturale: vergine e madre, figlia e madre di Dio, la più umile delle creature e la più esaltata. In termini essenziali Dante riferisce l'inconcepibile miracolo.
Umile riassume il senso del rendimento di grazie di Maria al Signore ( di Luca, I, 46-49): “Magnificat anima mea dominum ...Quia respexit humilitatem ancillae suae: ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes. Quia fecit mihi magna qui potens est. “
Perché fece grandi cose in me l'Onnipotente.
L' inno di San Bonaventura modula la stessa verità: “ te, qua numquam humilior / In creaturis legitur /Fuisse nec suavior/ Et propter hoc sublimior / Esse nulla te noscitur.”
Maria è punto stabile di riferimento poiché l'incarnazione era voluta dall'eternità e non poteva compiersi che per mezzo di lei; Dio infatti ha guardato a lei, da sempre, con particolare predilezione, e per sempre continuerà a farlo.
Il lessico si fa realistico nel chiamare in causa il ventre, che compare anche nell'Ave Maria. L'amore di Dio per gli uomini ha permesso l'Incarnazione: la carnalità a cui il ventre rimanda non è dunque casuale ma precisa scelta, è valore. Della salvazione dell'umanità è segno visibile la candida rosa; simbolo di Maria che incarna la perfezione dell'umanità, la rosa è formata in Paradiso dai beati che costituiscono a loro volta il perfetto compimento del genere umano.
Maria è dunque guida sia per i beati, sia per i viventi, nelle direttrici della carità e della speranza.
Maria è corredentrice: guida e collabora alla redenzione accogliendo le preghiere che le sono rivolte.
Bernardo senza remore afferma che la grazia viene concessa da Dio solo per intercessione della Madonna e che la vera generosità, insegnata da Maria, è quella che precede la richiesta; in lei si raccolgono misericordia, pietà, splendore; in lei si raccoglie quantunque c'è di buono in ogni creatura.
Con questi versi, meravigliosi nella loro perfezione, chiediamo a Maria di accompagnarci nel nostro viaggio terreno verso l'eternità.
“Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì , che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore
per lo cui caldo nell'etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se' a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra i mortali,
se' di speranza fontana vivace.
Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificienza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Anna Guidi
19-11-2017 - 10:11:16 Brava Anna , come sempre. |
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