Data: 02-04-2005
Luogo: Querceta, Sala dei Convegni della “Croce Bianca”
Relatore: Nicola Lombardi
Il carteggio inedito tra Salvatore Bongi e l’Accademia Colombaria di Firenze permette di ricreare il clima del ritrovamento avvenuto nel 1861. Una lunga tradizione di studi considera ligure il Baccatoio, ma questa posizione, ferma ai tempi di Nino Lamboglia e della scoperta della necropoli gemella di Chiavari (1859), non tiene conto dell’attuale stato delle ricerche sulla presenza degli Etruschi a Pisa e nell’ estrema Toscana nordoccidentale. La storia degli studi sul sito è caratterizzata da una disparità di interpretazioni, fino a quella di Lamboglia, divenuta dominante. Una rilettura della necropoli, oggi perduta, si basa sui reperti di quella gemella di Chiavari e sulla relazione dell’ unico testimone oculare, Salvatore Bongi, con tavole di accompagnamento, da cui si possono comprendere con una certa approssimazione i vari aspetti culturali della scoperta. Alcuni errori e sviste individuati all’ origine della tradizione degli studi hanno fatto mettere le tombe del Baccatoio in serie con quelle liguri a cassetta posteriori di Solaio, Minazzana e Levigliani. Si è così creato un mito pseudoscientifico, continuamente avallato da uno studio all’ altro e alimentato da Lamboglia dopo la scoperta di Chiavari: quello di un Baccatoio ligure. Confronti dall’ area laziale portano invece a considerare le sue sepolture non tombe a cassetta liguri, ma tombe a pozzetto "con cista litica": tipologia etrusca villanoviana. Anche pendagli e catenelle trovano riscontri in un gusto diffuso nel mondo etrusco villanoviano di Vetulonia e non derivano dunque dalla cultura di Golasecca della Lombardia, come vuole la tesi più diffusa. Il Baccatoio, dai confronti rintracciati per le sue manifestazioni culturali, parrebbe quindi legato a flussi commerciali di interesse non locale tra Lazio etrusco e Italia settentrionale, relativi alla circolazione dell’ ambra.
Istituto Storico Lucchese – Sez. “Versilia Storica”
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