Data: 29-10-2005
Luogo: Querceta, Sala dei Convegni della “Croce Bianca”
Relatore: Alessandra Burroni
Sulle scritte etrusche, su tombe, stele, statue, cippi, urne, specchi, vasi, si sono scervellati moltissimi studiosi rolex repliche. Hanno concluso che è una lingua morta, indecifrabile, astrusa. Nonostante ciò, hanno indicato coniugazioni, nomi e cognomi. Basandoci sulle loro indicazioni, gli Etruschi avrebbero quindi cessato improvvisamente di parlare la loro lingua e si sarebbero messi a parlare latino! L’ etrusco sarebbe scomparso dalle bocche di vecchi, contadini, sacerdoti, popolani. Hanno cercato analogie con lingue di popolazioni che in Italia non sono mai venute. Solo Zakarie Majani ha cercato nel mondo illirico degli albanesi, ma non ha trovato la chiave di lettura. Così l’ etrusco è stato dichiarato morto e sepolto: il mistero piace e tale doveva rimanere. Ma proprio dal mondo dei morti gli Etruschi hanno cominciato di nuovo a parlare. Uno studioso di Modena appassionato di paleoscrittura, l’ avvocato Enzo Gatti, ha individuato dopo lunghe ricerche una ovvia e semplice chiave di lettura che è comune a quasi tutte le scritture antiche. Seppur contestato dagli "illustri professori", Gatti ha tradotto in maniera chiara, ma soprattutto sensata, migliaia di scritte etrusche e la fonte di notizie è immensa: tutto il mondo e la civiltà dei nostri progenitori etruschi ne escono luminosi, con la loro arte e la loro religione, che non è affatto quella che per secoli i Romani ci hanno fatto credere, dopo averne distrutto e bruciato tutti i libri con le loro tradizioni.
Istituto Storico Lucchese – Sez. “Versilia Storica”
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